lunedì 19 aprile 2010

Non capirono mai perché lei amasse la mia sincerità.

Non si sapeva come, ma quando c’era lei in ufficio all’improvviso il citofono suonava in continuazione. Ad arrivare erano tutti maschi. Impiegati, collaboratori, e chiunque altro che si ricordava, improvvisamente, che lavorava in quell’ufficio. Ma come non capirli, lei era bellissima. Una di quelle donne che ti spingono a vestirti con i migliori vestiti che hai, nella remota speranza che quello sia il giorno in cui lei ha il turno. Tutti le sbavavano dietro; era di una bellezza semplice, dal sorriso magnifico, e la sue pelle era candita che sembrava essere senza neanche un’imperfezione. Io, consapevole dei miei limiti, diventai subito suo amico: sapevo che una come lei non sarebbe mai uscita con uno come me. Diventammo ottimi amici, e so che creavo una sorta d’invidia quando lei, poiché in noi non sedeva la malizia che c’era in ogni piccola parola che le dicevano gli altri, mi salutava per primo con tanto di bacetti sulle guance. Non sono abbastanza bravo da dirvi del suo profumo.

In ufficio si parlava di tutto. Si compravano i giornali per la rassegna stampa, quindi spesso in discussione c’erano argomenti politici, culturali e sociali. Lì erano tutti laureati e io mi sentivo un ragazzino al suo primo giorno di scuola. Quando pochi giorni fa si parlava del matrimonio gay, mi sono ricordato di quando ne parlammo allora. In fondo è sempre stato argomento di discussione, e proprio sul fatto che si discutesse io non ero d’accordo: per me l’idea era talmente chiara che ogni discussione era superflua. Tutti avevano opinioni diverse, ma quando le spiegavano stavano molti attenti per assecondarla, per non offenderla, per non farla arrabbiare. Sì perché lei era contro ai matrimonio gay, “Visto - diceva - che sono una cristiana che frequenta la chiesa”. Neanche a dirvelo, quando parlavo con lei io tentavo in tutti i modi di non parlare di chiesa, di dio, e compagnia bella. Tuttavia delle volte era inevitabile, proprio come quella volta in cui parlammo dei matrimoni gay.

Io ci andai giù pesante: uno, perché è così che devono andare le discussioni. Si discute, ci si scontra e ci si mette a confronto con gli amici, e dopo più amici di prima. E poi lei non usava mezzi termini, e perché avrei dovuto farlo io? Io, tra l’altro, non dovevo rendermi simpatico ai suoi occhi come gli altri - non sono neanche il tipo; due, ogni argomento che crea una sorta di diseguaglianza mi fa incazzare. “Dammi un solo motivo perché non devono riconoscere loro i diritti di una famiglia civile”, dissi io, e lei rispose “Perché è contro natura”. La guardai, “La natura la sceglie dio?”, lei sorrise, mentre gli altri ci guardavano attenti, “Sì - rispose secca - la natura è ciò che dio decide che sia naturale”. “E voi ovviamente applicate la sua parola”, dissi io sarcastico. Lei annuì. Allora le chiesi “Sei vergine?”. Aveva qualche anno più di me, ed era una di quelle bellezze talmente perfette da non riuscire a immaginarla nuda. Una di quelle ragazze che sembrano essere esseri asessuati e incontaminati. Lei guardò gli altri, gli altri mi urlarono contro per la domanda inopportuna, altri mi invidiarono. Io non smisi di fissarla sorridente, e probabilmente le diedi il coraggio di rispondere “No”. Aprii le braccia, “Ma come, no? E la castità prima del matrimonio? E il sesso che deve essere usato solo per procreare?”. La lasciai senza parole, allora continuai: “Cos’è la democrazia?”. Lei mi rispose “Non si tratta di democrazia, si tratta di giusto e sbagliato. Tu uccidi un uomo?”. “Quindi paragoni l’amore all’assassinio solo perché è tra due persone dello stesso sesso?”, allora lei mi rispose che “I peccati non sono diversi, il peccato è peccato”. Sapevo come farle capire il mio punto di vista, allora le chiesi di nuovo “Cos’è la democrazia?”. “Be’, c’è la democrazia politica, ma penso che tu ti riferisca all’uguaglianza di ogni individuo in una società che dà parola a tutti”, ecco, “E cos’è il fascismo? Non il movimento politico, ovviamente”, lei guardò gli altri, poi disse “Possiamo dire che il fascismo sia l’imposizione in un regime della propria ideologia… Cioè la negazione della democrazia”. Si rese conto che l’avevo fregata. Allora gli altri, vedendola in difficoltà, tentarono di urlami di nuovo contro, di dirmi che ero matto, ma lei stessa li zittì, così io continuai. “Quindi, dovessi posizionare la religione, dovrei inserirla più verso un’ideologia fascista, cioè la sua parola è legge e non ci sono se e ma, piuttosto che posizionarla in un’ideologia democratica in cui, anche se non si è d’accordo su un’idea altrui, fa sì che questa idea venga comunque espressa perché è giusto e democratico farlo, giusto?”. Le sospirò forte, ma era sorridente, “Sì, ma..”, ma non continuò.

“Secondo il mio modesto parere, un governo dovrebbe far felici tutti i suoi cittadini, a prescindere di quale sia la sua ideologia. E’ assolutamente inutile aver cancellato la schiavitù quando abbiamo introdotto altre forme di razzismo e discriminazione. Non dovremmo imporre la mancanza di un diritto a un’altra persona. Diritto che noi non importa perché è qualcosa che abbiamo sempre dato scontato di avere. Ma davvero vogliamo essere un governo che toglie un diritto a un essere umano? Davvero vogliamo ancora catalogare gli essere umani? Siamo tutti uguali, perciò è come se quel diritto ce lo togliessero anche a noi. Uno stato che toglie i diritti a un essere umano per una ‘stupida’ ideologia suprema è uno stato poco pratico, perché preferisce avere il benessere in un ipotetico luogo inesistente (il paradiso) e non essere felice ora e qui, e fare felici più persone possibili. Quindi, o si possono sposare tutti, o nessuno si potrà sposare.”

Tutti mi urlarono contro, per fare bella figura con lei. Alla fine cambiammo argomento con facilità, e lei non mi rispose nulla. Passarono i giorni, e l’ufficio, senza di lei, era tornato a essere vuoto e noioso. Finché un giorno lei non tornò. Era una mattina di sole, e ci prendemmo una pausa in giardino, mentre vedevamo tutti i maschi che venivano perché chissà chi gli aveva detto che c’era lei. Entrati nella proprietà si fermavano di colpo vedendola in giardino, ma subito continuavano a camminare verso l’ufficio, per non mostrarle che erano lì per sperare in qualche sua carezza. Tutti ci videro insieme a scherzare e parlare, e gli stupidi il giorno dopo si chiesero come potesse parlami dopo quella volta che avevamo ‘litigato’ sui matrimoni gay. Ma noi non avevamo litigato, ma solo parlato, discusso. Chi ti ‘mette all’angolo’ non è il tuo peggior nemico, ma un tuo grande amico, perché semplicemente non ti prende per il culo. Nella loro falsità, la loro costruzione dell’uomo perfetto messa in atto per far colpo su di lei, non capirono mai perché lei amasse la mia sincerità.

qui il post originale

1 commento:

Kylie ha detto...

In effetti la sincerità nei rapporti è una cosa importante e dovrebbe sempre essere tenuta in considerazione.