sabato 8 maggio 2010

Noi ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!


Peppino: Sei andato a scuola, sai contare?
Giovanni: Come contare?
Peppino: «Come contare»? Uno, due, tre, quattro. Sai contare?
Giovanni: Sì, so contare.
Peppino: E sai camminare?
Giovanni: So camminare.
Peppino: E contare e camminare, insieme, lo sai fare?
Giovanni: Sì, penso di sì…
Peppino: Allora forza. Conta e cammina. Dai. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto…
Giovanni: Dove stiamo andando?
Peppino: Forza, conta e cammina! […] ottantanove, novanta, novantuno, novantadue…
Giovanni: Peppino…
Peppino: …novantatré, novantaquattro, novantacinque, novantasei, novantasette, novantotto, novantanove e cento! Lo sai chi c’abita qua?
Giovanni: Ammuninne!
Peppino: Ah, u’zu Tanu c’abita qua! Cento passi ci sono da casa nostra, cento passi! Vivi nella stessa strada, prendi il caffè nello stesso bar, alla fine ti sembrano come te! «Salutiamo zu’ Tanu!» «I miei ossequi, Peppino! I miei ossequi, Giovanni!». E invece sono loro i padroni di Cinisi! E mio padre, Luigi Impastato, gli lecca il culo come tutti gli altri! Non è antico, è solo un mafioso, uno dei tanti!
Giovanni: È nostro padre.
Peppino: Mio padre, la mia famiglia, il mio paese… io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare, prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente!