lunedì 22 febbraio 2010

Quando finisce una storia a distanza


Quando finisce una storia a distanza ti fai due conti in tasca e ti ritrovi con un numero imprecisato di trasferte sul conto bancario, migliaia di chilometri percorsi durante centinaia di ore al freddo, sugli eurostar, nella continua ricerca della posizione giusta, quella “ad incastro”.

Decine di libri divorati, centinaia di frasi trascritte, pasti saltati e incontri in stazione: incontri emozionanti con gli occhi che brillano e i sorrisi che si allargano come fossero esplosioni sui volti e incontri che si arriva già incazzati da casa.

Ogni anno di una storia a distanza vale cinque anni nel mondo degli umani, ma in realtà a contarli con foglio e matita vengono fuori sì e no una settantina di giorni condivisi. I week end durano 44 ore, dal venerdì alla domenica, quasi ogni settimana ha il suo week end. Si scattano un numero spropositato di foto “per non dimenticare” i volti, le mani, gli sguardi, i baci, l’intimità come a dire, si quella volta c’eravamo tutti e due. Centinaia di email, messaggi, telefonate, ricariche (e i punti vodafone che si accumulano) per darsi il buongiorno, litigare e poi chiarirsi “che al telefono è tutto così difficile”. Un numero infinito di pensieri, parole e cazzi tuoi che vengono conservati in qualche server californiano e riusati per cercare di venderti qualsiasi cosa.

Le playlist si susseguono, una dopo l’altra, giorno dopo giorno, sempre musica nuova in una corsa bulimica sempre in avanti. Sempre musica “nostra”:(.....). Sonorità del giorno, del mese, dell’anno ed infine la convinzione che non basterebbero dieci hard disk per conservare tutti i ricordi, le emozioni, le carezze, i momenti “indimenticabili” e quelli invece “dimenticabilissimi” come quella volta al concerto dei Baustelle (al Rolling Stones) che sono andato a dormire che avevo un fegato grosso come quello di un Tirannosauro.

Così va a finire che ti ritrovi a guardare il cielo pensando se pure dall’altra parte dell’Italia stanno facendo la stessa cosa. E se sì, almeno avere la consapevolezza che qui splende sempre il sole (quasi sempre).


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